Il mondo degli eventi oggi. Non abbiamo inventato nulla.

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Un evento è stupore, emozione, impatto scenico. Sono luci, suoni, effetti speciali imprevisti. Un evento nasce nella testa del committente ed è affidato a un creativo, quell’art director che ha pensato cosa succederà. Viene scritto in scene e sequenze dal regista. Viene affidato a runners stage holder, datori luci e scenografi. Il reparto IT crea le run time e i programmi di gestione. E poi si va in scena. Il pubblico generalmente applaude e si scattano le foto ricordo, i selfies da pubblicare su Instagram. Le produzioni dei Pink Floyd stupivano. Gli U2 travolgono tra sound ed effetti speciali, palchi circolari che cambiano forma. Eppure ... eppure è tutto già visto.

A Roma, ho appena avuto occasione di visitare per una site inspection il Colosseo, in preparazione di un evento. E ascoltando la mia guida, ho sorriso del suo raffronto scanzonato con il nostro mondo degli eventi in cui ci gloriamo dell’ultimo effetto speciale, del multischermo, del Pandora o del suono stereofonico perfetto. In questi anni di tecnologia, ci piace infatti raccontare dei fuochi d’artificio, dei coriandoli sparati a festeggiare una vittoria, dell’uscita a sorpresa di un personaggio o di un animale sul palco. Dimenticando che non abbiamo inventato nulla.

Al Colosseo tutto questo c’era già ...duemila anni fa circa. C’era un editor: l’imperatore o uno dei grandi senatori, che pensava l’evento: i giochi nel circo. Che pubblicizzava in città attraverso dipinti sui muri date e tema: dai giochi gladiatori, alla caccia, alle battaglie navali. Poi c’erano i lanisti, che affittavano i gladiatori o le forze lavoro. C’erano i tecnici specializzati che lavoravano agli effetti speciali; c’erano i musicisti in un’area dedicata da cui il suono si diffondeva perfettamente per tutta l’arena e il pubblico che godeva, gratuitamente, di quanto generosamente offerto in città.

Il Colosseo, era una perfetta macchina per grandi eventi, mi spiegava la guida. Meglio di San Siro. Poteva ospitare fino a 70.000 spettatori che entravano e uscivano in modo estremamente rapido e ordinato da 80 arcate di ingresso di cui 76 numerate mentre 4 erano riservate a autorità, senatori, imperatore e sacerdoti. Il Colosseo non era influenzato dalle condizioni meteo. Grazie a una struttura manovrata dai marinai della flotta di Massenzio, il Velum in legno e tessuto, l’intera superficie poteva essere protetta dal sole. Ma ciò che mi ha colpito più di tutto è quello che oggi chiameremmo backstage; nel caso dei romani, understage!

Sotto l’arena, c’erano corridoi e tunnel per il passaggio di uomini e animali, stanze per il montaggio degli effetti speciali azionati da montacarichi e gru per il sollevamento degli oggetti pesanti. Attrezzisti capaci di far esplodere il fuoco a comando attiravano l’attenzione mentre la scena veniva cambiata. E per scena si parla di vere e proprie costruzioni impressionanti: da una balena enorme lunga quasi quanto l’arena dalla cui bocca erano usciti 9 orsi e uno stuolo di animali e cacciatori, fino a colline, alberi, case e costruzioni. Nei primi anni, il Colosseo poteva addirittura essere parzialmente allagato e ospitare piccole battaglie navali. Poi, sotto l’arena cominciarono a costruire le stanze per “trucco e parrucco”, per i cambi dei gladiatori, per lo stoccaggio delle scene e dei materiali. Il pavimento venne scavato in più punti per permettere il sollevamento con 28 argani azionati da 224 attrezzisti che portavano le gabbie con gli animali: orsi, lupi, cinghiali, cervi, antilopi, tigri: aperte le gabbie le belve salivano sulle 20 piattaforme mobili di 4x5 mt e venivano portate direttamente davanti agli occhi del pubblico. Sempre con le piattaforme venivano portate in arena le scene.

 

Il backstage sotterraneo era perciò un complesso, meraviglioso ed affascinante apparato governato da registi e scenografi. Costruito in legno per l’inaugurazione, fu nel tempo trasformato, ingrandito e fino a costituirsi come lo hanno ritrovato verso la metà del 1800, ovvero stanze e strutture permanenti in muratura edificate sotto Domiziano e arrivate a estendersi per mezzo ettaro lungo 14 ampi corridoi principali da cui partivano le varie diramazioni, ognuna con una specifica caratteristica. Uno smisurato sottopalco da cui emergevano a sorpresa uomini e animali, cambi scena, cavalli e bighe.

Oggi il fumo in scena è chimico, il fuoco è pilotato a comando da macchine in grado di definire altezza e durata della fiamma, le scene spesso mappate e ricreate in 3D con giochi di luce e multiproiezione. Ma da adesso in poi, ogni volta che vedrò uno show, o ne organizzerò uno, non mancherà di tornarmi in mente da dove viene il mio mondo. E di pensare che, probabilmente, non abbiamo inventato nulla, forse solo migliorato. E mi ricorderò il finale di un film, 300, sugli spartani e Leonida, che cambiato in parte, può dare un’idea di cosa succedeva nel Colosseo: “ricorda chi eravamo; ricorda cosa abbiamo fatto in quest’arena. Se un’anima libera dovesse mai arrivare in questo luogo negli innumerevoli secoli in là a venire, possano tutte le nostre voci sussurrarti dalle pietre senza età vai a dire agli spettatori che qui, secondo le leggi dello spettacolo, noi abbiamo creato gli eventi moderni”.

“vai a dire agli spettatori che qui,
secondo le leggi dello spettacolo,
noi abbiamo creato gli eventi moderni”